Il regno perduto - Martin Hocke

Tutte le storie, come d’altronde la realtà in cui viviamo, non hanno mai una sola versione. Non esiste una sola ed unica verità. Il regno perduto di Martin Hocke non è il seguito del suo primo romanzo, L’antico regno del silenzio, bensì la stessa storia, vista e raccontata da un differente punto di vista. Se nel primo romanzo di questa magica saga sui gufi i protagonisti sono i Barbagianni, qui lo sono gli Allocchi.
A narrare la storia è l’allocco Yoller, l’amico di Hunter – il barbagianni protagonista del primo libro – ormai vecchio, che ricorda i fatti accaduti e li racconta con vena nostalgica perché sa che la sua vita è ormai al termine.
Hocke non è l’unico a seguire questo stile. Si pensi alla celebre saga di George R.R.Martin “Le cronache del ghiaccio e del fuoco”, nella quale ogni capitolo è scritto col punto di vista di un personaggio diverso. Hocke però decide di rivedere ogni dettaglio della storia, dai fatti concreti come la battaglia contro il gufo reale fino ai sentimenti provati dai personaggi, facendo capire come le stesse relazioni fra i protagonisti si possano considerare in maniera diversa se viste da occhi differenti.
La prima differenza con il primo romanzo è proprio la rilettura degli stessi avvenimenti che Hunter e Yoller, ma in generale barbagianni ed allocchi, si trovano a condividere. Al contempo però, il lettore può arrivare a conoscere quella parte di storia che, non coinvolgendo i barbagianni, era del tutto ignorata nel primo volume. I genitori di Yoller assumono un ruolo fondamentale, l’assassino Birch non appare nelle ultime pagine ma fin dall’inizio e la sua compagna Mallow, di cui Yoller è innamorato, ha anch’essa un ruolo di grande rilievo.
Queste due razze di rapaci notturni, come si comprende bene attraverso la lettura, non sono altro che la rappresentazione di culture diverse e di differenti stili di vita: ma come accade nel mondo reale i giovani appartenenti a culture che hanno poco in comune, si trovano a lottare insieme per cambiare un mondo ingiusto, ipocrita e restìo ad accogliere lo straniero.